Ammortizzatori sociali e politiche attive del lavoro, un connubio da perfezionare

Ammortizzatori sociali e politiche attive del lavoro, un connubio da perfezionare

Condizionare gli ammortizzatori sociali al re ed up-skilling,è la strada da seguire per la piena occupabilità delle persone.

Condizionare gli ammortizzatori sociali al re ed up-skilling dei lavoratori è la strada da seguire per garantire la piena occcupabilità delle persone; in altri termini, gli ammortizzatori dovrebbero sempre più legarsi alle politiche attive del lavoro, a partire dalla formazione, ma anche a tutte quelle attività di competenza dei centri per l’impiego. E’ quanto, in sostanza, emerso dall’incontro di stamani a Pordenone, organizzato da Cisl Fvg, con l’obiettivo di fare il punto non solo su cassa integrazione ed indennità di disoccupazione, così come riformati dalla Legge di Bilancio dello scorso anno, ma soprattutto – spiega per il Sindacato, Luciano Bordin – capire, con gli operatori regionali, come politiche passive ed attive del lavoro possano rispondere in maniera sempre più efficace e tempestiva alle necessità del contesto economico, iniziando dal reinserimento dei lavoratori.

Gli obiettivi A sintetizzare i termini della questione è Livia Ricciardi del Dipartimento Mercato del Lavoro della Cisl Nazionale: il punto – sostiene, dopo aver analizzato il nuovo universalismo differenziato degli ammortizzatori sociali (estensione, cioè, a tutti, comprese, su istanza cislina le micro imprese, ma con alcune differenziazioni) – è che oggi rischiamo che la necessaria relazione tra politiche attive e passive resti sulla carta. Il rimedio? Spingere – per la Cisl – sul diritto/dovere di chi percepisce una forma di sostegno al reddito di fare, ad esempio, formazione mirata. Allo stesso tempo, la ricetta deve necessariamente prevedere un altro ingrediente imprescindibile, ovvero un potenziamento dei centri per l’impiego, che ancora scontano, a livello nazionale, un ritardo sul piano di assunzioni, tale da compromettere anche programmi importanti come GOL, in partenza anche in Friuli Venezia Giulia.

La fotografia del Friuli Venezia Giulia Quanto alla situazione registrata in regione sul fronte degli ammortizzatori sociali, non manca la preoccupazione, anche se ad una prima lettura i dati sulle ore autorizzate sembrano rassicuranti. Se, infatti, dal confronto con gli anni della pandemia, il ricorso alla cassa è drasticamente calato, è il parallelo con gli anni pre-Covid ad esprimere una tendenza da tenere sotto vigilanza. Nel 2019, il totale complessivo di cig e fondi di solidarietà ammontava, nel periodo gennaio-ottobre, a 4.062.463 ore erogate, mente nel medesimo periodo del 2022 sono quasi triplicate, arrivando a 11.012.850. Pur in presenza di situazioni di crisi e di difficoltà che non devono far abbassare la guardia, è tuttavia, il cosiddetto tiraggio, ovvero la differenza tra ore autorizzate ed ore effettivamente utilizzate, a rassicurare: tra gennaio ed agosto 2022, tale dato è, infatti, fermo al 27%, segno della tenuta complessiva del sistema.

Quanto ai centri per l’impiego, o meglio dei servizi pubblici per il lavoro, è il direttore della Direzione lavoro, formazione, istruzione, famiglia Regione Fvg, Nicola Manfren, a descrivere un quadro virtuoso. Partendo dal piano assunzioni, rispetto ai 204 dipendenti attuali, il piano prevede un “rafforzamento significativo”, ovvero 165 figure in più, una sessantina già inserite e le restanti 105 in procinto di fare il loro ingresso, a seguito dei concorsi svolti a novembre. 11 milioni (7 di provenienza Pnrr e 3 della Regione) sono stati già destinati al potenziamento dei servizi. Altro dato interessante e che si discosta di molto, in senso positivo, dalle medie nazionali, riguarda l’intermediazione scolta, appunto, dai servizi pubblici per l’impiego del Friuli Venezia Giulia. Nel caso dell’intermediazione diretta parliamo di una percentuale attorno all’8%, a cui vanno sommati i tirocini, che portano circa 4 punti percentuali in più: un totale, dunque, attorno al 12% a fronte di una media nazionale ferma al 3%; nel caso dell’intermediazione indiretta (quella che coinvolge compiutamente anche i centri di formazione) la quota sale al 33%, contro il circa 22% registrato in Italia. Rispetto, poi, all’attività dei centri per l’impiego, nel 2019 sono state 4.469 le vacancy che le aziende hanno sottoposto ai cpi per 8.937 posizioni richieste; nel 2022 le vacancy sono state 4.495, ma 10.220 le posizioni richieste (dato fino a settembre), in evidente crescita.

Come i centri per l’impiego, un altro ente di qualità fortemente attivo in Friuli Venezia Giulia è l’EBIART (ente bilaterale artigianato) con performance che spiccano a livello nazionale, e prestazioni da 1milione a trimestre. Un ente che ha sviluppato un ruolo contrattuale attivo nel territorio con tante misure di sostegno per il sistema produttivo dell’artigianato sia lavoratori che imprese.

Il diritto soggettivo alla formazione e le questioni ancora aperte “La necessità di un riequilibrio e di una maggiore forza da imprimere alle politiche attive del lavoro, anche attraverso il rafforzamento dei centri per l’impiego e delle loro competenze –  conclude il segretario generale della Cisl Fvg, Alberto Monticco – vale per tutti i comparti del mercato del lavoro: siamo di fronte ad una platea di persone da ricollocare che rappresenta una fetta importante del nostro tessuto sociale e che non vanno lasciate sole, né affidate in via esclusiva agli ammortizzatori sociali e, in generale, alle politiche passive del lavoro. Restano poi tre questioni aperte: che le politiche attive non riguardano solo chi deve ricollocarsi e che va rafforzato il connubio tra pubblico e privato, compresa la bilateralità, e tra formazione e servizi, in una logica di accompagnamento della persona lungo tutta la sua vita lavorativa e di integrazione spinta tra strumenti esistenti e di recente attivazione, vale a dire incentivare quel diritto soggettivo alla formazione, faticosamente conquistato in molti contratti; porre mano alle criticità che riguardano la disciplina degli ammortizzatori sociali e la complessità delle procedure utilizzate per garantirli; rivedere i massimali e, infine, ampliare ulteriormente lo spettro delle causali, inserendo, accanto alle recentemente previste difficoltà legate alle trasformazioni e transizioni aziendali, o al caro energia, anche la cessazione di attività, ancora scoperta”. Al focus sul Friuli Venezia Giulia e sulla situazione del mercato del lavoro e le ricadute degli ammortizzatori sociali in regione, hanno partecipato anche: Annamaria Betto, direttrice provinciale Inps Pordenone, Gabriele Giuga, direttore Agenzia Inps Spilimbergo, Dario Bruni, presidente EBIART Fvg, e il direttore centrale alla direzione lavoro, formazione, istruzione, famiglia Regione Fvg, Anna D’Angelo.

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